Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge costituzionale si propone l'introduzione di alcune modifiche alle norme della Costituzione relative all'elezione ed ai poteri del Presidente della Repubblica.
      È convincimento che ha trovato autorevoli riscontri nella dottrina e in commentatori politici e che si ritiene possa incontrare anche il consenso di raggruppamenti politici presenti in Parlamento, che la forma di governo del nostro Stato possa ritrovare un corretto assetto anche in termini di governabilità, oltre che di rappresentatività democratica, ove il Parlamento possa esprimere maggioranze stabili di governo e nel contempo con un rafforzamento del ruolo del Presidente della Repubblica sia mediante l'ampliamento dei suoi poteri, sia attraverso la sua elezione diretta.
      D'altronde è convinzione diffusa che la figura del Capo dello Stato, delineata dalla Costituzione in maniera incompiuta e con qualche ambiguità, sia stata ridefinita con il concorso di convenzioni, di prassi e dell'influenza della personalità di chi ha rivestito la carica. In questa evoluzione, il ruolo del Presidente della Repubblica è certamente cresciuto, con l'acquisizione di poteri decisionali - fondati più sull'autorevolezza della carica che sulla sanzione giuridica - che lo hanno posto al centro dei rapporti fra gli organi costituzionali.

 

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      Il naturale sviluppo dell'evoluzione della figura presidenziale si colloca, secondo una considerazione oggi condivisa dai più, nella direzione della sua legittimazione dalla sovranità popolare, attraverso l'elezione diretta. Ciò appare inoltre conforme al disegno complessivo di riassetto dei poteri costituzionali, e più genericamente dei poteri pubblici, che sta emergendo, non senza esitazioni e contraddizioni, dalle riforme degli ultimi anni.
      Si tratta quindi di una proposta di riforma che muove dal riconoscimento della possibilità di procedere per modifiche limitate del testo costituzionale, volte ad adeguare, di volta in volta, il disegno normativo fondamentale alle esigenze che emergono dalla trasformazione e dal progressivo assestamento del quadro complessivo.
      D'altra parte, il tessuto normativo costituzionale ha dimostrato una considerevole capacità di adattamento, proprio per la flessibilità ed il ridotto grado di definizione del testo originario, pur garantendo da eccessi che potessero rompere l'armonia dell'assetto complessivo dei poteri costituzionali.
      Con la modifica proposta, il Presidente della Repubblica viene eletto a suffragio universale e diretto. La formula elettorale prevede l'elezione a doppio turno nel caso in cui al primo turno nessun candidato raggiunga la maggioranza assoluta dei voti. La definizione puntuale del meccanismo di elezione è ovviamente rimessa alla legge. Si è infatti preferito definire con procedure di revisione costituzionale solo gli aspetti essenziali e di rilievo costituzionale del procedimento elettorale.
      Per quanto concerne i requisiti di eleggibilità è stata mantenuta inalterata la previsione oggi vigente (articolo 84 della Costituzione). Si è invece introdotto il principio della impossibilità della rielezione per un secondo mandato, in considerazione della durata della carica, che resta fissata in sette anni.
      A questo proposito, può rilevarsi che il periodo di tempo previsto, superiore alla durata normale delle Camere, assolve ad una funzione ulteriore, rispetto a quella originaria, che era sostanzialmente quella di consolidare l'indipendenza del Capo dello Stato nei confronti della volontà della maggioranza che lo ha eletto.
      Lo sfasamento temporale fra i mandati risponde infatti ad una esigenza di bilanciamento dei poteri, potendo Parlamento e Presidenza della Repubblica essere espressione di maggioranze elettorali diverse, ed al tempo stesso di garanzia della minoranza.
      Si è, inoltre, ritenuta rilevante l'introduzione di alcune prescrizioni fondamentali sulla presentazione delle candidature, per le quali si richiede la sottoscrizione di almeno 50.000 elettori o di 50 membri del Parlamento.
      Il nucleo fondamentale dei poteri del Presidente resta sostanzialmente inalterato, con l'introduzione di poche innovazioni, giustificate dal diverso modo di legittimazione alla carica.
      È stato, altresì, previsto che non si possa procedere ad un nuovo scioglimento delle Camere durante l'anno successivo alle elezioni.
      Conformemente alla connotazione assunta dalla figura del Capo dello Stato con l'elezione diretta, è parso indispensabile prevedere la partecipazione del Presidente della Repubblica ai procedimenti di nomina delle cosiddette autorità nazionali di garanzia. Si tratta infatti di un modello che ha avuto una rapida diffusione nel nostro ordinamento e che è destinato a divenire la modalità privilegiata e più corretta di intervento pubblico nei settori più sensibili della vita civile, alternativo al modello tradizionale dell'intervento diretto dello Stato nell'economia, oggi in via di superamento. Fra le condizioni per il corretto funzionamento del modello dell'autorità di garanzia, vi è quella di assicurare l'indipendenza dell'organo e la neutralità nell'esercizio delle sue funzioni. Si ritiene pertanto necessario introdurre un principio che riservi al Capo dello Stato la partecipazione, secondo modalità previste dalla legge, nella nomina delle autorità indicate, proprio
 

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allo scopo di rafforzarne l'indipendenza dalle maggioranze politiche.
      Infine, si è introdotta una disciplina esplicita della revoca dei singoli Ministri che può avvenire per decisione del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.
      Il nuovo procedimento di elezione del Presidente della Repubblica, allo scopo di costituire un momento di positiva riforma e non di crisi dell'attuale assetto costituzionale, entra in vigore alla scadenza del mandato del Presidente in carica.
 

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